KHLD Forum | [Kingdom Hearts Light & Darkness Forum • GdR • KH3D & FF News • Guide • Soluzioni • Grafica • Anime & Manga]

Posts written by °Albus Severus°

  1. .

    • Damian Travers è un personaggio nato dalla mia fantasia, quindi è vietata la copia intera o parziale dei contenuti qui riportati! Grazie <3

    • La grafica e codici sono tutti ad opera mia. La copia è vietata. Se volete qualche aiuto sarò felice di darvelo, basta inviarmi un MP! :D

    • Ovviamente i +1 sono sempre graditi. Sì, cerco affetto xD

    • Il prestavolto è Thomas Brodie-Sangster


    7450697Scheda1
    •Nome: Damian. Dal nome latino Damianus, a sua volta dal greco antico Δαμιανός (Damianòs). L'origine è incerta; alcune fonti lo riconducono al nome di Damia, una divinità greca della fertilità (poi identificata con Cerere o con Cibele); in questo senso, Damian andrebbe tradotto come "devoto a Damia" o "consacrato a Damia" (o anche "discendente di Damia"). Un'interpretazione diffusa, tuttavia, accosta questo nome al verbo greco δαμαω (damao) o δαμάζω (damàzho), che vuol dire "domare", "sottomettere", da cui anche Damaso e Admeto, quindi "domatore"; non è escluso, però, che sia il nome della dea Damia a derivare dal verbo δαμάζω (nel senso di "colei che doma, che sottomette"), ipotesi che, qualora fosse vera, rimanderebbe in breve alla prima interpretazione - quella relativa al culto di Damia. Alcune altre ipotesi, infine, lo riconducono anche al termine greco δαμος (damos), "gente", "popolo", quindi "uomo del popolo".
    •Cognome: Travers.
    •Lugo di Nascita: Inveraray, Scozia.
    •Data di Nascita: 26 Luglio 1909.
    •Età: 11 Anni.
    •Altezza: 148 cm.
    •Peso: 40 kg.
    •Capelli: Biondi e perennemente arruffati.
    •Occhi: Grigi come il cielo in tempesta.
    •Segni particolari: Ha una cicatrice sotto al mento che si è procurato durante una delle sue spericolate avventure. I genitori hanno deciso di curarlo con i metodi tradizionali, affinché quel segno gli ricordasse come si deve comportare un signorino di buona famiglia.
    Curiosità: Porta sempre un tovagliolo di stoffa bianca strappato, che sembra più una pezza, intorno al polso. Quest'abitudine è nata in seguito alle continue ferite che si procurava durante i giochi, la pezza gli serviva per tamponarle e medicarle superficialmente.
    •Padre Biologico: Edmund Travers.
    •Madre Biologica: Eika Rosier.
    •Stato di Sangue: Purosangue.
    •Segno Zodiacale: Leone.
    •Colori Preferiti: Arancione.
    •Sesso: Maschio.
    •Orientamento Sessuale: Etero.
    •Casata di appartenenza: Grifondoro. È forse Grifondoro la vostra via, culla dei coraggiosi di cuore: audacia, fegato, cavalleria fan di quel luogo uno splendore! E i più coraggiosi, i più audaci, i più fieri con ser Grifondoro marciavano alteri.
    •Conto bancario: A038
    1531337Scheda2
    PROFILO PSICOLOGICO - The Rebel
    Fatemi capire, a voi piace passare tutto il giorno a non far nulla, magari stando seduti sul divano, a leggere un libro o semplicemente a dormire? No, siete pazzi, io lo odio. Come si fa a rimanere per così tanto tempo fermi? Io mi sentirei impazzire; dovrei fare per forza qualcosa, muovermi, tenermi occupato in qualche modo. Volete mettere il divertimento a correre in un prato o a giocare al cacciatore in un bosco o a ridere a squarcia gola e senza ritegno, col stare fermi a guardarsi intorno? I miei genitori questo vorrebbero da me, che stessi tutto il giorno seduto su quella cavolo di scrivania a scrivere, leggere, studiare o che cacchio ne so io; no, non se ne parla è fuori discussione! Non sarò mai come mio padre, composto, ordinato, elegante e sempre con quel falso sorriso in viso. Quanto è bello essere spensierati, fare tutto ciò che si vuole senza doversi preoccupare di niente e di nessuno, dire le cose come stanno senza dover fare buon viso a cattivo gioco e sentirsi liberi, vivi!
    Le regole, le imposizioni, sono tutte cose che odio, cose che limitano la natura di ognuno di noi, ci rendono schiavi, burattini. Non posso far a meno di ridere ogni volta che mi ritrovo in una delle feste organizzate da mio padre. Mi siedo nella sala centrale e mi guardo per un attimo intorno: sono tutti uguali, tutti dannatamente simili, sputati in quei vestiti eleganti e con quei modi di fare palesemente falsi e mi chiedo, saranno felici delle loro vite? Il figlio di quel nobile purosangue, sarà contento della propria vita? Una vita che non gli appartiene, che è stata decisa sin da prima della sua nascita?
    Beh, per quanto mi riguarda, io vi rispondo, no! Non sono felice e non ho nessuna intenzione di essere un burattino nelle mani dei miei sadici genitori. Stanno sempre a parlare dei loro strani e loschi affari e non li vedo mai ridere. Credetemi, da quando sono nato non ho mai visto mio padre ridere di gusto, non so neanche se ne è capace, arrivati a questo punto. Ad ogni modo, cari lettori, vi dico, viva la vita, viva la libertà, la spensieratezza e la sincerità! Divertitevi… finché potete.
    8065129Scheda3
    BG - Travers che spasso!
    «Che noia questa famiglia» pensò con sufficienza, saltando dalla finestra della cameretta, sul ramo dell’albero adiacente.
    Si tirò su con le braccia e come se fosse un fenomeno da baraccone, una scimmia appena uscita dal circo, discese giù, sulla verde erbetta. Lanciò un ghigno tronfio in direzione della grande casa, e si allontanò a tutta birra nella parte opposta, percorrendo sentieri invisibili.

    Damian era il nome di quel diavolo travestito da ragazzino, discendente e niente meno che primogenito della nobile casata dei Travers. Dai vispi occhietti grigi, guardinghi e attenti, dalla bionda chioma sempre spettinata e dal vestiario trasandato, non sembrava proprio figlio di suo padre. Animo ribelle, spirito libero, mente brillante e svelta, lo rendevano una vera e proprio mina vagante. Non per niente 6 giorni su 7 era confinato in punizione nelle proprie stanze, o almeno era quello che il suo vecchio credeva. Quello che non sapeva, era che Damina amava con tutto il cuore quei giorni. Stare in punizione significava trascorrere l’intera giornata rilegato nella propria stanza, senza poter vedere o parlare con nessuno, fino all’ora di cena, tradotto: fare tutto quello che gli passava per la mente, senza dover ascoltare noiosissime lezioni e fare pallosissimi compiti. Bene, Damian non ci pensava proprio a rimanere chiuso in quelle tristi mura, e ogni giorno di punizione, dopo pranzo, sgattaiolava silenzioso dalla finestra della cameretta, tornando solamente pochi minuti prima dell’inizio della cena. Solo Dio e Genette Stewart, sapevano con quali passatempi si intratteneva. Tornava ogni giorno con i vestiti sporchi di polvere e fango e delle volte con qualche ferita su braccia e gambe, che nascondeva accuratamente alla vista dei genitori. Genette era una ragazzina mingherlina, dai modi di fare gentili e aggraziati, di un anno più piccola di Damian, figlia di una nobile famiglia babbana, risiedente a pochi metri dai Travers. I due si conoscevano da quando avevano memoria e Damian non faceva altro che coinvolgerla nelle sue spericolate avventure.
    Non c’è bisogno vi dica che Mr. Edmund Travers, non vedeva di buon occhio questa amicizia. Da purista del sangue qual era, considerava inaccettabile che il suo unico figlio maschio si legasse così ad un'inutile babbana o peggio se ne innamorasse, perciò, esasperato, un giorno decise di agire per il bene della sua famiglia, o comunque era ciò che lui credeva. Manipolò la mente dei coniugi Stewart, convincendoli a trasferirsi seduta stante, il più lontano possibile da lì.

    Quella sera, salutando Genette, come faceva sempre, Damian si inerpicò sull’albero ed entrò nella cameretta. Si cambiò il prima possibile, rispettando i canoni di presentabilità che il severo padre esigeva, e scese nella grande sala da pranzo della villa Travers.
    «Padre, Madre» salutò freddo prendendo posto a tavola.
    Iniziò a mangiare, senza degnare di uno sguardo i genitori, che al contrario lo stavano fissando da quando era arrivato. Come il piccolo Travers si aspettava, fu il padre ad interrompere il pesante silenzio.
    «Allora Damian, dimmi, cos’hai imparato da questa… Ennesima giornata di punizione?» chiese freddo, con un tono di voce cantilenante, come se ripetesse la stessa domanda, ormai da tempo immemore.
    Damian posò con tutta calma le posate nel piatto, finì di masticare, si pulì la bocca con il tovagliolo e puntò i suoi tempestosi occhi grigi in quelli celesti e freddi del padre. Fece un sorrisetto compiaciuto e rispose come tutte le altre volte a cui aveva dato risposta a quella domanda. «Che la solitudine e sicuramente meglio della vostra compagnia, padre» marcò l’ultima parola per sembrare ancora più sprezzante.
    Il padre rispose con lo stesso identico sorriso furbo del figlio, e Damian capì subito che c’era qualcosa che non andava.
    «Immaginavo avresti risposto così… Beh, sarai felice di sapere che la tua sarà l’unica compagnia di cui godrai da stasera in poi.»
    Damian continuò a fissare l’espressione compiaciuta del padre e l’ansia iniziò a montare in lui. Si ripeté in mente le parole del suo vecchio e capì: Genette!
    Lanciò il tovagliolo sul piatto, saltò dalla sedia, e corse il più velocemente possibile attraverso l’ampio corridoio della villa. I suono frenetici dei passi rimbombarono sulle pareti, accompagnandolo nel giardino, sotto gli occhi vigili di Mr. Travers.
    Arrivò alla dimora degli Stewart con il cuore in gola. Si fermò dinanzi alla sontuosa villa e notò subito che dalle finestre non traspariva nessuna luce ed il silenzio regnava sovrano.
    «Genette?» intonò timidamente, consapevole che nessuna risposta sarebbe giunta al suo richiamo.
    Quella sera stessa, a ritorno da casa, successe qualcosa che i genitori stavano aspettando da tempo e che conferì rinnovata consapevolezza al piccolo Travers.
    Damian, giunto a casa con gli occhi iniettati di sangue, il fiatone per la rabbia e i pugni stretti sui fianchi, si piazzò all’entrata della sala da pranzo, guardando il padre.
    «Quello che hai fatto…» iniziò a denti stretti. «Giuro sui nostri avi che prima o poi te la farò pagare!» gridò facendo esplodere la rabbia.
    Contemporaneamente tutti i coltelli levitarono, fermandosi ad un passo dal viso di Edmund. Rimasero fermi e minacciosi per qualche secondo, prima di ricadere per terra, insieme all’allontanarsi di Damian dalla stanza.
    Mr. Travers e Mrs. Travers si guardarono per un istante, compiaciuti per ciò che avevano visto. Erano più che certi che il figlio avesse ereditato poteri magici, ma quella, quella fu la conferma definitiva ad ogni possibile dubbio.
    Dopo quella sera, Damian non rivolse più la parola ai genitori, se non in casi eccezionali, come durante feste, incontri con altre famiglie, cene, tutto per salvaguardare l’apparenza dei Travers. Si concentrò sulla ferrea educazione che gli veniva impartita, scoprendo un grande interesse verso la musica classica ed il violino, senza però perdere occasione per sgattaiolare via, per affermare il suo anime ribelle ai genitori, fino al giorno dell’arrivo della lettera di ammissione alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
    2843778Scheda_GIF_1
    3276953Scheda_GIF_2
    9811973Scheda5
    •Specie: Umano.
    •Allineamento: Caotico Buono. Il ribelle, segue i propri istinti senza pensarci due volte, senza preoccuparsi delle conseguenze o di poter infrangere regole. Non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e ama la libertà.
    •Schieramento: Nessuno.
    •Lavoro: Studente.
    •Abilità: ...
    •Patronus: Aquila. L’aquila, è simbolo di coraggio, saggezza e libertà. Vola imponente dei cieli sicura e spavalda, avvicinandosi al Creatore.
    •Bacchetta: 13 Pollici 3 1/3, Flessibile, Legno di Peccio, Nucleo di Piuma di Fenice.

    I fabbricanti di bacchette inesperti definiscono il peccio (o abete rosso) un legno difficile, ma così facendo rivelano solo la loro incompetenza. È piuttosto vero che serve una particolare maestria per lavorare questo legno, da cui si ricavano bacchette inadatte a chi è di indole nervosa o insicura, e che diventano davvero pericolose tra dita tremanti. Con le bacchette di peccio serve una mano ferma perché spesso sembra che la pensino a modo loro sul tipo di magia che dovrebbero essere chiamate a eseguire. Comunque, quando una bacchetta di peccio trova il suo partner ideale – nella mia esperienza un mago audace e con un buon senso dell'umorismo – diventa una magnifica assistente, profondamente fedele al suo padrone e capace di incantesimi spettacolari e di grande effetto.

    Questo è il secondo tipo di nucleo più raro. Le piume di fenice sono in grado di produrre una vastissima gamma di magie, anche se possono impiegare più tempo a dimostrarlo del nucleo di unicorno o di quello di drago. Esse rivelano grande iniziativa, comportandosi qualche volta di loro spontanea volontà: una qualità, questa, che molte streghe e maghi disapprovano.
    Le bacchette con il nucleo di piume di fenice sono le più schizzinose in fatto di proprietari, perché le creature da cui provengono sono tra le più indipendenti e distaccate del mondo. Queste bacchette sono difficilissime da domare e personalizzare, e la loro fedeltà si conquista con fatica.
    8715145Scheda4
    ANNALES - PRIMO ANNO
    **Arrivo e Smistamento.
    Osservo sovrappensiero il paesaggio svettare sotto i miei occhi, mentre con sbuffi di fumo il treno macina binari. Il gomito poggiato al finestrino e la mano che regge la testa piegata di lato.
    «La famiglia Travers è Serpeverde da generazioni. Non deluderci!»
    Le parole di mio padre mi rimbombano nella testa, come l’eco di una voce lontana. Più ci penso e più non riesco a dimenticare il tono con cui l’ha detto. Quel “non deluderci” sembrava proprio una presa in giro, come se stesse dando per scontato che lo deluderò. D’altronde cosa mi aspettavo da lui, che mi augurasse buona fortuna e che mi abbracciasse con un sorriso come fanno tutti i padri del mondo? Una risata che assomiglia ad uno sbuffo, lascia le mie labbra. Sono ridicolo! In cuor mio, veramente speravo che questa volta sarebbe potuto essere diverso…
    Ma chi diavolo vuole finirci in Serpeverde. Di certo non io, soprattutto non ora che so cosa mio padre vorrebbe. Non l’accontenterò mai, mai! Il Cappello Parlante dovrà darmi ascolto, altrimenti lo strapperò con le mie mani. Schiocco contrariato la lingua al palato e nello stesso istante il silenzio nello scompartimento viene rotto dalla porta scorrevole che si apre lentamente. Una voce mi giunge alle orecchie, prima che gli occhi possano scorgerne il proprietario.
    «Ciao, è libero?» dice indicando i sedili vuoti.
    Un bambino mingherlino, dai ricci capelli neri e occhi verdi, mi fissa dall’ingresso. Lo squadro per un attimo, riemergendo dall’oceano dei pensieri. Ad occhio e croce è quanto me o forse poco più alto. Gli sorrido cordiale.
    «Ovvio, siediti pure!» dico, con un cenno della mano. «Io sono Damian Travers. Credo avrai sentito parlare di noi, la fama ci precede. Siamo la famiglia di Lupi Mannari che si ciba del cuore degli innocenti ragazzini come te!» affermo calmo e con la massima serietà, osservando il nuovo arrivato.
    Mi aspetto di vederlo correre fuori da un momento all’altro, magari gridando come una femminuccia, invece rimane lì, seduto e prontamente risponde: «Allora non avrò problemi, visto che sono tutto tranne che innocente!»
    Scoppia a ridere e io con lui. Ha una risata contagiosa, sembra un tipo davvero simpatico.
    «Devo ammettere che mi hai stupito sai? Ogni volta scappano tutti a gambe levate!» torno a ridere. «Comunque, come hai detto di chiamarti?»
    «Ah, scusa. Hardin, Hardin Frost! Sono al primo anno, ma mio fratello va ad Hogwarts già da quattro anni. Mi ha detto che è una figata, non vedo loro di arrivare.»
    «Anche io! So che il castello è pieno di segreti e passaggi nascosti. Devo scoprirli tutti, passerò le giornate salpando all’avventura» rispondo ridendo. Parlare con lui non ha fatto altro che aumentare ancora di più la mia eccitazione e le mie aspettative.
    «Dimmi un po’, ma il cappello parlante ascolta in qualche modo le richieste di noi studenti? Nel senso, se io volessi evitare di finire in una casata, mi ascolterebbe?» chiedo, sperando in una risposta affermativa.
    Hardin mi guarda per un attimo, come se fosse incerto se dirmi quello che sa o meno. Poi si muove, si sporge verso di me e con aria complice inizia a parlare in un sussurro.
    «Damian, ti dico un segreto che mio fratello ha rivelato solo a me. Il cappello ascolta le nostre richieste. Basta dirgli in che casata vuoi finire o dove non vuoi andare, per convincerlo. Mio fratello l’ha fatto! È finito nei Serpeverde!»
    «Oh…» rispondo, tornando a poggiarmi allo schienale.
    Non sono proprio convinto che questa sia un informazione tanto segreta che solo suo fratello sa, ma non ho intenzione di dirgli niente. Per lo meno ora ho la sicurezza che mio padre non mi vedrà mai nella sua casata preferita.

    ...

    «Avete sentito che il cappello non è così cattivo come si dice? Io gli chiederò di farmi entrare nei Tassorosso!» ha appena detto un ragazzino cicciottello e dai capelli rossi, che condivide con me, Hardin e un tipo taciturno la barca che ci sta portando al castello.
    «Ma mai nessuno vuole finire in Tassorosso, solo tu!» mi lascio scappare inconsciamente. Noto subito il dispiacere impadronirsi del volto del ragazzino, per questo mi accingo a rimediare. «Però penso che siano tutti un branco di idioti, davvero. Nessuno capisce veramente il fascino di questa casata. Spero proprio tu possa capitare lì!» gli rivolgo il sorriso più falso e credibile che riesco a fare, e mi giro verso Hardin, per trovare la sua complicità.
    Lui non mi sta guardando, posso leggere nel mio nuovo amico, una nota di dispiacere. Avrà capito che il segreto di suo fratello, non è poi proprio un segreto. Avrei voluto avvertirlo sul treno, ma sembrava così preso, mi dispiaceva infrangere i suoi sogni. Ad ogni modo non sono neanche sicuro che il cappello esaudisca proprio tutti i nostri desideri. Voglio dire, finiamo in una casata in base alle caratteristiche che ci distinguono. Non credo proprio di finire in Tassorosso – anche se lo chiedessi – se il cappello non nota in me nessuna qualità di quella casata. Sono tentato di condividere i miei pensieri con i tre ragazzi, ma la speranza che leggo negli occhi del cicciottello mi fa desistere da ogni intenzione.
    Rimango a bocca aperta, nello scorgere la sagoma del castello illuminato a festa, che svetta imponente sul lago, squarciando il buio della notte. È addirittura più grande di quanto potessi immaginare. Mi sembra già di poter vedere tutti i cunicoli nascosti che passano sotto terra, tra gli spessi muri perimetrali, che dal basso portano verso una delle alte torri. Sto già viaggiando, la mia mente ha già aperto al strada a millemila possibili scenari avventurosi che aspettano solo di essere esplorati. Scuoto la testa per scacciare quelle fantasticherie, ancora con la bocca aperta e gli occhi grigi che brillano per lo stupore.
    Non sono mai stato così su di giri come oggi, in tutta la mia breve vita. Ogni nuovo passo, nell’immensità di quella scuola, mi rende euforico al limite del possibile. Mi viene quasi voglia di correre e di urlare. Di sentire l’eco della mia voce rimbalzare sulle alte pareti di pietra. Mi sto per lanciare all’inseguimento di un fantasma che ci passa di fianco, quando un grande portone si apre dinanzi a noi, facendoci accedere in una sala veramente troppo grande, dal soffitto altissimo, che rispecchia la volta celeste.
    «Mio dio!» mi lascio scappare, con il naso all’insù, completamente rapito da quella visione. «Se questo è un sogno, per favore non svegliatemi per nessun motivo al mondo!»
    Un chiasso assordante di voci giunge alle mie orecchie. Mi costringo a guardare intorno a me, e solo ora mi accorgo di essere nel centro di una enorme sala, occupata da 4 enormi tavolante, tutte interamente sommerse da studenti. Di fronte a me, su uno sgabello, è riposto un vecchio capello e dietro, un lungo tavolo con vari individui, seduti gli uni di fianco agli altri. Osservo di nuovo il cappello rattoppato e non posso far a meno di essere leggermente deluso. Mi aspettavo qualcosa di più… vistoso, per un cappello parlante. Però, quando inizia a parlare e a smistare i primi alunni, non posso fare a meno che considerarlo l’oggetto più figo che abbia mai visto.
    Più l’elenco avanza e più noto una certa agitazione impadronirsi dei compagni che si trovano alzati insieme a me. Io invece, io sono tutto tranne che agitato. Non vedo l’ora che arrivi il mio turno. Sono troppo curioso di vedere da vicino quell’oggetto. Cavolo parla, cioè, ho capito che siamo maghi, ma come diavolo è possibile dare una coscienza ad un oggetto? Vabbè, chi se ne frega, voglio lanciarmi all’avventura. Sto letteralmente saltando sul posto. Se non mi chiamano entro due secondi mi metto a correre, non resisto più, sono troppo…
    I miei pensieri vengono interrotti da una voce che chiama il mio nome. Finalmente, quanto ci è voluto! Mi fiondo letteralmente sullo sgabello e attendo.
    «Cavolo è troppo grande!» mi lamento a denti stretti, alzandomi con una mano il cappello che mi è ricaduto sugli occhi.
    Sento l’indumento prendere vita e ridere divertito del mio commento.
    «Sei tu che hai la testa piccola, forse hai un cervello piccolo, per questo» lo sento blaterare.
    Ma che simpaticone. Ci mancava solo un cappello sarcastico. Perché non ci muoviamo invece? Non ho…
    «Se sei così impaziente allora potrei spedirti tra i Serpeverde, che ne dici?» mi interrompe il vecchio copricapo.
    Ma come? Mi leggi nel pensiero eh, vecchio furbacchione. Se è così, lascia che ti dica due cose. Mio padre vuole che io diventi un Serpeverde, ma visto che non ho voglia di accontentarlo, per favore, spediscimi da qualsiasi altra parte, ma non in Serpeverde. Seconda cosa, non ho il cervello piccolo, penso leggermente imbronciato.
    Lo sento ridere di nuovo, e i suoi movimenti me lo fanno ricadere sugli occhi. Lo rialzo con una mano e lo sento parlare.
    «Beh se è così, lasciami sondare la tua mente…»
    Annuisco involontariamente e per poco non rischio di farmelo scivolare giù dalla testa. Me lo sistemo in modo frettoloso e mi costringo a stare fermo. Non ho la più pallida idea di ciò che il cappello possa poter leggere nel mio cervello, ma devo ammettere che mi incuriosisce e non poco. Più rimango immobile e più sento qualcosa crescere dentro di me. Inizio a muovere il piede destro, per scaricare un po' di quella oppressione che sta prendendo il sopravvento. Odio stare per troppo tempo fermo e odio ancora di più le attese, non potresti diciamo... Sbrigarti, in qualche modo?
    Nessuna risposta.
    Non so dire con precisione se non ha aperto bocca in quanto troppo concentrato pure per ascoltarmi, o semplicemente troppo stronzo per rispondermi, ad ogni modo sto combattendo con tutto me stesso per non afferrarlo e lanciarlo brutalmente per aria.
    «GRIFONDORO!» grida d'improvviso.
    Per poco non cado dallo sgabello. Fisso un piede in avanti per reggermi e ritorno faticosamente in posizione eretta. Una cartolina, o magari un piccolo preavviso no, eh? Troppo difficile vero? Accidenti a te, mi è quasi preso un infarto! Lo sento sghignazzare sulla mia testa, prima che due mani lo sollevino, per permettermi di andare in direzione del tavolo i cui assediati stanno applaudendo e gridando come dei forsennati. Ho capito che sono un figo, dalla mente brillante e dall'ingegno fino, ma non vi sembra di star esagerando un po'?
    Avanzo, con un sorriso tirato sulle labbra per lo sconcerto, girandomi in tutte le direzioni mentre vengo colpito da mani invisibili. Corro a prendere posto di fianco ad Hardin. Sì, anche lui è un Grifondoro come me. Si prospetta un anno davvero movimentato.

  2. .

    • Anthony Scott è un personaggio nato dalla mia fantasia, quindi è vietata la copia intera o parziale dei contenuti qui riportati! Grazie <3

    • La grafica e codici sono tutti ad opera mia. La copia è vietata. Se volete qualche aiuto sarò felice di darvelo, basta inviarmi un MP! :D

    • Ovviamente i +1 sono sempre graditi. Sì, cerco affetto xD

    • Il prestavolto è Ash Stymest

    • Si consiglia una lettura nel seguente ordine: Background, Clan, Profilo Psicologico e Dan Smish & Il Paiolo Magico.


    8389901prova
    •Nome: Anthony.
    •Cognome: Scott.
    •Lugo di Nascita: Gloucester.
    •Data di Nascita: 8 Agosto.
    •Età: 22 Anni.
    •Altezza: 185 cm.
    •Peso: 74 kg.
    •Capelli: Corvini e mossi.
    •Occhi: Verdi con raggi marroni intorno alla pupilla.
    •Segni particolari: Ha diversi tatuaggi, sulle braccia sul petto, ma il più particolare è una piccola croce nera sotto l'occhio sinistro che sembra quasi un neo. L'ha fatta in seguito alla morte della donna da lui amata, in segno di lutto. Come una lacrima che gli righerà perennemente il volto. È solito portare intorno al collo l'anello appartenuto ad Hayley e che gli aveva donato in punto di morte.
    •Padre Biologico: Stevan.
    •Madre Biologica: Ilary.
    •Stato di Sangue: Mezzosangue.
    •Segno Zodiacale: Leone.
    •Colori Preferiti: Bordeaux.
    •Sesso: Maschio.
    •Orientamento Sessuale: Etero.
    •Casata di appartenenza: Grifondoro.
    •Conto bancario: A030
    7791492Scheda2
    PROFILO PSICOLOGICO
    Non c’è bisogno di girarci in torno, io lo so, tutti lo sanno: ho un caratteraccio, anzi sono un vero stronzo. Sono di pessima compagnia, non faccio altro che rispondere male e allontanare le persone. Sono violento e anche un non nulla mi fa scattare come una molla. Sono intollerante, non ascolto le persone e mi faccio sempre i cazzi miei. Non penso mai agli altri, a cosa possano provare, desiderare, ma penso solo a me stesso e ai miei problemi. Non faccio altro che offendere le persone per vederle soffrire, anche quando non lo meritano, anche quando cercano solamente di aiutarmi.
    Ma come biasimarmi? Sono cresciuto con un padre che fin da piccolo non mi ha mai dimostrato neanche un briciolo di amore. Troppo concentrato ad impartirmi un educazione severa, per prepararmi ad essere un vero Alpha, un giorno, come se io volessi davvero diventarlo. Non si è mai preoccupato di capirmi veramente. Si limitava a punirmi per la mia vivacità e a picchiarmi, e quando la mamma mi difendeva, riportava anche lei un livido o due. Col passare del tempo ho perso le speranze in quell’uomo severo e burbero, che non mi rivolgeva mai un sorriso, non mi faceva mai un complimento. Mi sono semplicemente allontanato, isolato in un silenzioso dolore. Mia madre, d’altro canto, non faceva altro che difenderlo. Continuava a ripetermi che un tempo non era questo tipo di uomo, ma che la vita lo aveva cambiato.
    Maledetta vita, mi ripetevo io. La incolpavo per come aveva trasformato mio padre e con il passare degli anni, il dolore si trasformò in rabbia, una rabbia covata verso il mondo, una rabbia che si riversava su tutto e tutti, una rabbia che per me, era ed è come una corazza. Così ho iniziato ad essere ribelle, i primi tatuaggi, le prime scazzottate, e tutto per far soffrire mio padre, proprio come lui aveva fatto soffrire me. Piano piano ho capito che traevo conforto dalla sofferenza altrui. Se io soffrivo, anche gli altri dovevano soffrire. E quando le mie parole, le mie azioni, colpivano nel segno chi mi stava intorno, io mi sentivo bene, non mi sentivo più solo in quel dolore sordo. I miei genitori iniziarono a rassegnarsi. Forse mio padre iniziò ad incolpare anche se stesso per come ero diventato, ma non mi importava, anzi doveva sentirsi in colpa, doveva soffrire.
    Fui questo tipo di persona per molto tempo. Anche quando iniziai a frequentare Hogwarts le cose non cambiarono. Non ebbi neanche un vero amico. Tutti stavano con me solamente perché ero il pazzo di turno, quello che faceva le cavolate e che li faceva divertire. Ho fatto soffrire molte ragazze con il mio atteggiamento menefreghista. Per me erano solo degli oggetti, e poi come tali le buttavo via.
    Se oggi parlo così di me stesso, è solamente grazie a lei, ad Hayley. È stata l’unica persona di cui mi è mai importato veramente qualcosa. L’unica donna che ho mai amato, l’unica persona la cui felicità ho messa prima della mia, l’unica persona che è riuscita a fare breccia nel mio cuore e che è riuscita a farmi diventare una persona migliore, cancellando tutta la mia sofferenza. Bastava un suo sorriso per farmi rinsavire quando perdevo il controllo, un suo contatto per farmi desistere dal fare qualche commento sarcastico e offensivo. Mi ripeteva continuamente che sono come un libro aperto. Diceva che bastava guardarmi per capire il mio stato d'animo. Insisteva con il fatto che il mio corpo è più eloquente della mia bocca. Quando sei arrabbiato, cambi completamente espressione, fai davvero paura; quando sei sotto stress e imbarazzato, ti passi una mano tra i capelli; quando sei allegro invece, sembri un'altra persona, hai sempre quel sorriso bellissimo sulle labbra; così diceva la mia Hayley.
    Ma ora che lei non c’è più, non penso di poter essere quella persona. Il dolore è troppo grande, la sofferenza è tornata presente nel mio petto come un macigno, e penso proprio di non essere l’uomo che lei credeva io fossi. Sono il solito stronzo, il ragazzo tatuato senza speranza, come tutti hanno sempre amano additarmi…
    8455011Scheda3
    BG - LETTERA
    Cara Hayley,
    le parole sono come macigni per me, e il tuo ricordo è una fitta al cuore che mi rammenta che tu non ci sei più… Rimango per ore ad immaginare il tuo viso tra le mie mani, ad osservare le tue carnose labbra e i tuoi occhi celesti pieni di vita e di speranza, ma quando il sogno svanisce, non sento più nulla se non il dolore. È così straziante, che mi sembra di morire. Vorrei strapparmi il cuore dal petto per evitare di soffrire così. Queste sono parole che non potrai mai leggere, e tutto per colpa di questo maledetto mondo, tutto per colpa di un crudele destino che ci ha segnati sin dall’infanzia.
    Sono seduto su questa barcollante scrivania in legno infradiciato dall’umidità, circondato da quattro mura ingrigite dal tempo, in una bettola della periferia di Gloucester, che puzza di stantio e di muffa. Almeno non sono del tutto solo. Una coppia di canarini ha deciso di nidificare proprio sopra la mia finestra e hanno la strana abitudine di intrufolarsi dentro, ogni qual volta apro le ante. Mi sono accorto di star sorridendo, forse per la disperazione o per non piangere, non lo so… Ad ogni modo, i due amichetti qui, non sembrano per niente intimoriti dalla mia presenza, anzi, sembrano quasi punzecchiarmi, come se avessero compreso il mio dolore e cercassero di distrarmi da esso... Io che intimorisco la gente con uno sguardo, ora non faccio spaventare neanche due uccellini.
    Come avrai intuito, dopo gli eventi di quella terribile sera, ho deciso di lasciare la nostra famiglia, il branco. Sono andato via dalla foresta di Dean. Non posso dimenticare il tuo corpo tra le mie braccia, le tue labbra che nei tremiti mi dicono di amarmi, la tua sforzata espressione di sorridermi, poco prima di lasciar posto ad un volto inespressivo e privo di vita. Come sempre, anche in punto di morte, hai cercato di rassicurarmi, con quel sorriso che è per
    5306609Scheda5
    me la cosa più bella di questo mondo. Non posso dimenticare i tuoi occhi: un attimo prima pieni di vita, poi completamente spenti e vitrei. In un solo attimo, tutti i tuoi sogni, le tue speranze e i tuoi progetti, spenti per sempre…
    Sai meglio di me che ho un caratteraccio e che non merito l’amore di nessuno, eppure tu mi hai amato. Ancora non posso spiegarmi come sia stato possibile, ma è stato così. Se non fossi entrata nella mia vita come un uragano, sconvolgendomi e invadendo ogni millimetro della mia essenza, avrei lasciato il branco molto tempo fa.
    Cinque anni fa, quando finii la scuola e tornai nel branco da maggiorenne, ero veramente convinto di restare, combattere per il nostro branco e aiutarlo ad affermarsi. Volevo che non temessero più il mondo esterno e che da prede, diventassero predatori quali noi Lycan siamo. Eppure rimasi deluso. Forse per colpa dei miei modi scontrosi e per il mio atteggiamento da vero stronzo, nessuno volle darmi retta e quella stupida legge sul non farsi coinvolgere con gli abitanti del mondo esterno, rimase invariata.
    Forse ricorderai la prima volta che i nostri occhi si sono incontrati. La prima volta che la tua bionda chioma ha catturata la mia attenzione e la prima volta che ho visto il sorriso più bello del mondo, il tuo. Ero sulle sponde del fiume Wye, occupato in una furibonda lite con mio padre. Ricordo ancora quanto ero arrabbiato, gli occhi iniettati di sangue, i pugni stretti così forte da avere le nocche bianche come il latte. Era passato solo un anno da quando avevo terminato gli studi e non sopportavo più quella vita. Non faceva per me. Chiusi in quel bosco, con il permesso di girare nelle città vicine, ma con l’obbligo di ritornare durante la luna piena e ogni giorno al calar del sole. Si doveva essere sempre cauti, attenti, per salvaguardare il nostro rifugio. Quel giorno stavo comunicando a mio padre la decisione di allontanarmi dal clan della Luna Nascente per esplorare il mondo, conoscere le persone e combattere per i miei diritti. Ovviamente, come al solito, si era opposto. Ero su tutte le furie, e come sai bene in questi momenti perdo completamente il controllo, la rabbia mi annebbia il cervello e lascio andare la parte istintiva e animalesca che è in me. Stavo per avventarmi su di lui, quando per un qualche strano segno divino, i miei occhi hanno messo a fuoco la tua figura. Ti eri appena fermata a guardare la scena, gli occhi sgranati per la paura e lo sconcerto. Avevi già capito cosa stava per succedere, a quanto pare mi conoscevi molto bene, invece io, io ti notavo per la prima volta. I nostri occhi si sono incrociati e tutta la rabbia, sparita in una nuvola di fumo. Oh Hayley, non posso scordare la tua reazione al mio sguardo. Sei diventata rossa come un peperone e mi hai rivolto un incerto e tirato sorriso, prima di allontanarti imbarazzata. Il sorriso più bello che i miei occhi avessero mai visto.
    Non te l’ho mai detto, ma penso di essermi innamorato di te proprio in quel istante. Anche i nostri incontri successivi, non furono frutto del caso. Non riuscivo a non pensarti e facevo di tutto per trovarti. Lo so che all’inizio sembravo tutto furche innamorato di te. Facevo lo stronzo, ti trattavo male e non perdevo occasione per farmi odiare. Ma devi capirmi, non ero abituato a quel genere di sentimenti. Non mi sono mai legato con nessuna veramente, mi sono sempre comportato da menefreghista e da stronzo, e quando ti ho conosciuto, non ci ho capito più nulla. Mi sentivo strano e non sapevo come gestire quelle sensazioni per me nuove, e quindi lo facevo nell’unico modo in cui ero capace, ferendoti. Eppure, eppure tu non mi hai mai odiato. Stranamente continuavi a rivolgermi la parola e ad ascoltare le mie cazzate ogni volta che tornavo da te. È stato proprio il tuo amore incondizionato a rendermi una persona migliore, tu mi rendevi una persona migliore. Sapevo di non meritarti, eppure non riuscivo a stare lontano da te, mi era impossibile. Con te sentivo di poter superare qualsiasi problema, sentivo di poter cambiare in meglio e per quattro anni è stato così. Sono rimasto nel branco, solo per te. Ho cercato di avvertire tutti che era meglio muoverci e non restare fermi nello stesso posto. Ho combattuto come mi hai chiesto tu di fare, per rendere le regole del clan meno rigide, e sotto la tua guida sono riuscito a cambiare qualcosa, eppure… Eppure quel coglione di mio padre non mi ha voluto dare retta. L’avevo avvertito che sarebbe stata questione di tempo prima che i Venatores ci trovassero. Se solo mi avesse dato ascolto… Se solo l’avesse fatto, ora non mi troverei in questo posto di merda, a scrivere una lettera del cazzo, con le lacrime agli occhi nel parlar di te, a te.
    5276620Scheda6
    Dopo quella sera, la cui unica vittima sei stata tu, mio padre ha deciso di seguire i miei consigli. Ora il clan ogni 3 giorni cambia collocazione nella foresta utilizzando incanti scudo, protezione e allarme. In qualità di Alpha quale dovrebbe essere, si è scusato chiedendo il mio perdono, ma il perdono non basta per riportarti indietro. A quel pensiero sono andato su tutte le furie e l'ho preso a pugni, lasciandolo a terra, poco prima di prendere le mie cose e salutare il clan per sempre. Mia madre non ha neanche provato a fermarmi. Penso mi odino.
    Hayley, so che non approverai il mio comportamento. Mi sembra di sentire la tua voce da maestrina che mi rimprovera, ma devi capirmi piccola, senza di te, non è la stessa cosa. Senza di te non sono l’uomo che tu credi io sia, senza di te non penso di potercela fare…

    Ti amerò per sempre
    Il tuo Anthony



    In quel momento, nella penombra della stanza, illuminata solo dalla tenue luce di una candela, una lacrima silenziosa gli rigò la guancia.
    2996920Scheda_GIF_1
    6527434Scheda_GIF_2
    8119405Scheda7
    •Specie: Lupo Mannaro. Trasformato ha gli occhi rossi e il manto corvino come i suoi capelli.
    •Allineamento: Neutrale. Gli importa solo di se stesso e un tempo di Hayley. Oh, Hayley...
    •Schieramento: Nessuno.
    •Lavoro: Proprietario del Paiolo Magico.
    •Abilità: Materializzazione, Legilimanzia e Occlumanzia.
    •Patronus: Grande Lupo.
    •Bacchetta: 12 Pollici, flessibile, legno di Agrifoglio, Nucleo in corda di cuore di Drago.
    L'agrifoglio è uno dei legni da bacchetta più rari; ritenuto tradizionalmente protettivo, questo legno si sposa felicemente con chi può aver bisogno d'aiuto per superare la propria tendenza alla rabbia e all’impetuosità. Non di rado, inoltre, le bacchette di agrifoglio scelgono un padrone coinvolto in qualche pericolosa impresa di ricerca, spesso di tipo spirituale. L'agrifoglio è uno di quei legni la cui efficacia negli incantesimi varia radicalmente a seconda del nucleo scelto per la bacchetta. È notoriamente difficile combinarlo alla piuma di fenice, perché la sua imprevedibilità entra in qualche modo in conflitto con il temperamento distaccato della fenice. Nella remota eventualità in cui una simile combinazione trovi il suo proprietario ideale, tuttavia, niente e nessuno dovrebbe provare a ostacolarli.

    Di norma, dalle corde del cuore di drago si ottengono le bacchette più potenti e in grado di realizzare gli incantesimi più spettacolari. Le bacchette di drago tendono a imparare più in fretta delle altre e, anche se possono cambiare bandiera in caso di sconfitta del vecchio proprietario, legano sempre in modo molto forte con chi le possiede.
    La bacchetta di drago solitamente è la più facile da convertire alle Arti Oscure, ma non lo farà mai di sua spontanea iniziativa. Rispetto agli altri due nuclei, questa bacchetta è la più incline agli incidenti, essendo alquanto lunatica.
    5642101Scheda4
    BRANCO D'ORIGINE - CLAN DELLA LUNA NASCENTE
    Il Clan della Luna Nascente ha origini antichissime. Fu fondato in pieno periodo illuminista, da Erbart Risingmoon. La famiglia Risingmoon è una delle famiglie di Licantropi più antiche e per di più Purosangue, questo fin quando Erbart non sposò una mezzosangue. Si dice che proprio in seguito a ciò, il padre lo diseredò, ma questo portò alla rovina della famiglia stessa, in quanto Erbart, unico erede vivente rimasto, in seguito alla morte prematura del fratello più grande.
    Dal canto suo Erbart, mente raffinata e geniale, decise di crearsi una famiglia tutta sua, la famiglia dei suoi sogni. Come prima cosa, in accordo con il suo migliore amico, Damian Scott, anch’esso proveniente da una nobile e ricca famiglia, lo trasformò. Così Erbart insieme al suo braccio destra, si adoperò per fondare il clan. Accolsero a braccia aperte altre famiglie di Licantropi o semplici omega solitari, che volevano abbracciare i loro ideali. Decisero di trasferirsi nella grande Foresta di Dean, dove crearono una vera e propria comunità organizzata, con un credo e delle regole ben precise. Inizialmente le regole non erano rigide come lo sono ora, ma questo era anche dovuto al fatto che la discriminazione nei confronti della loro specie non fu mai così alta come in questi anni 20.
    Attualmente la famiglia Alpha del clan sono gli Scott e non più i Risingmoon. Questo passaggio di testimone avvenne in quanto, un certo Erik Risingmoon ebbe solo discendenti femmine, la cui primogenita si sposò con un discendente di Damian.
    In seguito allo scoppio della prima guerra mondiale le cose cambiarono nel mondo, e cambiarono anche per il Clan. Spaventati dai cacciatori di taglie e da tutti coloro che minacciavano l’esistenza dei Licantropi stessi, iniziarono a temere la società esterna, isolandosi completamente nel nascondiglio che si erano andati a creare. La famiglia Scott non navigava più nell’oro come un tempo, e tutto il carisma e la sicurezza dei loro avi, era andata persa per sempre.
    Anthony Scott, figlio dell’attuale Alpha del Clan, provò a migliorare le cose, ma la testardaggine ed il terrore di Staven – suo padre – erano così radicati, che sfociarono nel peggio. Quello che Anthony aveva presagito si avverò, e in una calda notte di Agosto il clan venne attaccato da un team di Venatores. Fortunatamente per il clan ci fu una sola vittima, la ragazza di Anthony. Proprio quell’evento, allontanò il futuro Alpha del Clan, dal suo branco.
    Curiosità: si deve proprio al Clan della Luna Nascente, la scoperta dell’utilizzo del sangue di Licantropo, per ridurre il rischio di morte durante la transizione.

    CREDO
    Il clan segue un credo ben preciso che si tramanda da generazione in generazione e non è mai variato.
    - È proibito uccidere altri esseri umani. Per questa ragione, durante le sere di Luna piena ci si deve incatenare, oppure allontanarsi il più possibile dalla civiltà, inoltrandosi nel cuore della foresta.
    - Possono far parte del Clan solo Licantropi.
    - Non importano le origini dei membri del Clan. Fin che giurano fedeltà, sono i benvenuti.
    - I membri non devono coinvolgere in nessun modo gli umani nei loro affari.
    - È categoricamente proibito svelare il nascondiglio e la propria natura a umani.
    - L’unico modo per far entrare nuova gente nel clan è attraverso il rito di iniziazione e quindi, se necessario, la trasformazione.
    - Sin dalle origini si cerca di far crescere le parentele all’interno del clan, attraverso i matrimoni combinati tra le varie famiglie della Luna Nascente.
    - Se ci si innamora di un umano, per poterlo sposare e farlo diventare membro effettivo del clan, lo si deve prima trasformare.

    REGOLE
    - Una volta giurata fedeltà al clan, si deve vivere con il clan e per il clan.
    - I contatti con il mondo esterno devono essere limitati per evitare di essere scoperti.
    - Se ci si affeziona troppo ad un umano, strega o babbano che sia, si può procedere in due modi: uno, troncare ogni rapporto, due, portare al campo il soggetto, che verrà sottoposto ad una decisione: essere trasformato per continuare la relazione, oppure rifiutare e perdere tutti i ricordi sulla persona amata e sul Clan.
    - In caso si dovesse procedere con il rito di iniziazione e la trasformazione, viene fatto giurare alla vittima, attraverso il Voto Infrangibile, di non far parola con nessuno del Clan fino al giorno della trasformazione, e una settimana prima alla Luna piena, verrà somministrato sangue di Licantropo, per preparare l’iniziato al morso e ridurre al minimo i casi di decesso durante la transizione.
    - Non allontanarsi troppo dalla foresta di Dean e almeno una volta alla settimana e durante le notti di Luna piena, si deve tornare al villaggio.

    GERARCHIA DEL CLAN
    ALPHA
    - Stevan Scott – discendente di Damian Scott, nelle cui vene scorre anche il sangue di Erbart, fondatore del Clan.
    - Figlio (Anthony Scott – 22 Anni)

    BETA
    - Famiglia Jonson

    - Famiglia Roven

    - Famiglia Castel


    OMEGA
    - Anthony Scott – ha lasciato in clan in seguito alle ultime vicende, in cui è rimasta coinvolta e uccisa Hayley Jonson (fidanzata)
    1372906Scheda8
    DAN SMISH & IL PAIOLO MAGICO
    Cara Hayley,
    è passato molto tempo dall’ultima volta che ti ho scritto. Sono stati tempi difficili per me e ancora lo sono, però ho capito che non posso lasciarmi andare e vivere come un miserabile, so che tu non l’avresti voluto. Ti sto scrivendo da una stanza del Paiolo Magico, sai ora lavoro qui. No, non ridere, sinceramente non so neanche io come ci sono finito in questo casino. Ora ti spiego come sono andate le cose e soprattutto cosa intendo quando dico che “lavoro qui!”
    Una sera di tre mesi fa sono giunto in questo posto, completamente ubriaco e stravolto, alla ricerca di una stanza dove pernottare. Ricordo solo il viso di un vecchio dagli abbaglianti occhi celesti, che mi ha accolto e accompagnato nella mia attuale stanza.
    Il risveglio la mattina seguente non è stato dei migliori. Avevo un mal di testa lancinante per la sbronza della sera prima, e sono sceso nel salone per prendere da mangiare. In quel momento è successo qualcosa che non mi sarei proprio aspettato. Il vecchio, che poi ho scoperto essere il proprietario di questo posto, mi ha lanciato un grembiule e mi ha detto di prepararmi la colazione da solo e che ero stato assunto a tempo indeterminato. Ovviamente tu mi conosci meglio di tutti e come ti aspetteresti da me, l’ho mandato a quel paese, restituendogli in modo “garbato” il grembiule. Col cazzo che mi metto a lavorare in questa bettola, ho pensato. Ma lui non si è minimamente scomposto, si è tenuto il vestitino da cameriere e prima di andarsene mi ha detto: “che ti piaccia o no, ora sei un mio dipendente, quindi se hai fame alzi quel tuo bel sederino e ti prepari qualcosa”.
    Ovviamente sono andato su tutte le furie, lo mandato a quel paese e sono uscito alla ricerca di un posto dove mangiare. Alla fine mi sono ritrovato a bere whisky in un bar dall’aspetto losco, in una traversa di Nocturn Alley. Non riuscivo proprio a capire che problema avesse quel vecchio decrepito. Chi cazzo ci voleva lavorare in quel posto? Di certo non io! Fatto sta che ho passato tutta la giornata in sto locale: The River o The Raver, una cosa del genere, e la sera, sono tornato nuovamente nella mia stanza al Paiolo Magico. Ricordo che mentre percorrevo barcollando il locale, i suoi occhi celesti mi hanno seguito per tutto il tempo; l’ho intimato di farsi i cazzi suoi e sono sparito su per le scale.
    La mattina seguente è andata esattamente come la precedente e anche il resto della giornata. Questa routine si è protratta per una settimana intera, fin quando una mattina Mr. Dan Smish, così si chiama il vecchio, non mi ha consegnato un anticipo del mese, senza che avessi mai davvero lavorato per lui. Ti serviranno dei soldi per pagarti l’alcol no? Oppure lo rubi? Mi ha detto con un sorrisetto. Beh, lì per lì gli ho gridato di tenersi i suoi fottuti soldi e che non mi avrebbe mai più rivisto in quella bettola. Sono ritornato al The Rover, mi sono ordinato un bicchiere di Whisky col ghiaccio, ma stranamente non l’ho proprio toccato. Devo ammettere che quel vecchiaccio mi stava mandando davvero su tutte le furie, ma allo stesso tempo il suo modo di fare, ha iniziato ad incuriosirmi. Non so bene perché, ma è riuscito a stimolare la mia curiosità, in qualche modo. Quella sera sono tornato prima al Paiolo, e come al solito l’ho trovato dietro al bancone, che mi guardava con quel sorrisetto compiaciuto, come se stesse aspettando che comparissi dalla porta d’ingresso da un momento all’altro. Avevo davvero voglia di spaccargli la faccia in quel momento, ma alla fine la curiosità ha preso il sopravvento e improvvisamente ci siamo trovati immersi in una lunga chiacchierata. Mi ha raccontato che dieci anni fa, ha perso sia sua moglie che il suo unico figlio, in un incidente pozionistico. Non sono voluto scendere nei dettagli, ma potevo leggere nei suoi occhi il dolore che aveva provato e che ancora provava nel ripensare a ciò che aveva perso, e improvvisamente mi sono accorto che eravamo più simili di quanto volessi ammettere. Il suo dolore è lo stesso dolore che sto attraversando io. Mi ha confessato che rivedeva in me, se stesso durante quel periodo da incubo. Per questo motivo si è comportato in questo modo. Voleva aiutarmi, aiutarmi a superare il lutto.
    Con un dolore del genere o si impara a convivere o si muore, mi ha detto con gli occhi lucidi.
    Dopo quella sera ho iniziato a vedere Dan Smish, sotto una luce diversa. Ho deciso di aiutarlo negli affari. Lui mi insegnava il mestiere e io mi prendevo il tempo per guarire. Più i giorni passavano e più mi sentivo meglio. Ti ho pensato ogni giorno in ogni singolo momento, ma il pensiero non era più doloroso come in precedenza.
    Capisci Hayley, il vecchio mi ha salvato, è riuscito a guarirmi, anche se ora mi ha lasciato e per giunta con un carico sulle spalle troppo grande. Non sono sicuro di essere in grado di portare avanti da solo il locale. Ebbene sì, mi ha nominato proprietario del Paiolo, intestando tutto a mio nome!
    Una mattina di due giorni fa, al mio risveglio, ho trovato una lettere sulla scrivania della stanza: Ad Anthony, mio secondo figlio e mio salvatore, così diceva l’intestazione.
    Dan, ormai vecchio e spossato, ha deciso di ritirarsi dal lavoro, tornando nella sua vecchia casa in Irlanda. Mi ha rassicurato che sarò un gestore migliore di lui, e che non ha mai visto nessuno con una così spiccata attitudine al comando, come in me.
    Cara Hayley, mi pare quasi di sentire la tua bellissima risata riecheggiare tra le nuvole del paradiso, nel leggere del mio destino burlone. Se fossi qui con me, mi rassicureresti e mi daresti la forza per affrontare questo oneroso incarico… Mi impegnerò per non deluderti, sarai fiera di me.

    Ti amerò per sempre,
    Il tuo Anthony



  3. .
    Salve a tutti,
    Che dirvi di me, mi chiamò Anthony e ho tre passioni principali.
    La musica, il Quidditch e le donne. Sí, soprattutto per quest'ultime esco totalmente fuori di testa, ma andiamo in ordine.
    La musica mi accompagna in ogni momento della mia vita. Con le cuffie costantemente alla orecchie me la sparo a mille nel cervello. Mi sono avvicinato alla musica da piccolissimi, quando frequentavo le elementari, credendo di essere un comune babbano. Suono la batteria e ho anche un mio gruppo. Sí lo so, sono davvero un figo. Primo o poi devo farvi conoscere i miei amici di sballo, nonché il mio chitarrista-cantante Allen e il mio bassista Dean. Ragazzi, fidatevi se vi dico che loro sono fottutamente pazzi, oltre che ricchi. Non fanno niente dalla mattina alla sera, i soldi non li mancano e pensano solo a divertirsi e a trascinarmi da tutte le parti. Ma io li amo, senza di loro non sarebbe la stessa cosa. Beh, anche io sono fottutamente ricco e fuori di testa, ma almeno mi guadagno da vivere facendo quello che mi piace. Cosí mi ricollego al secondo punto.
    Sono un giocatore di Quidditch famosissimo. Mi piace essere famoso e conosciuto, ma a volte questa cosa mi pesa, soprattutto quando durante la vita privata vengo assalito da numerosi fan che chiedono gli autografi. Non fraintendetemi, mi piace farli, ma preferiscono prima o dopo le partite e non quando sono in giro o ad una festa. Ricopro il ruolo di cercatore nei Finchbury Finchies e faccio anche parte della nazionale americana.
    Sí, sí, lo so ragazze Turner é il vostro re, ma calmatevi, tanto con voi ci vediamo dopo nella mia stanza. *fa occhiolino*
    Stavo dicendo? Ah sí, la mia terza passione, nonché la piú focosa: le donne.
    Diamine quelle creature dall'aspetto gentile che si trasformano in tigri a letto, mi mandano completamente di matto. Sono cosí figo che mi assalgono da tutte le parti, per me é impossibile non esserne circondato... Cavolo, lo so che vengono da me solamente perché sono ricco e famoso, ma non ricordatemelo, che cazzo. E poi, come loro sfruttano me, io sfrutto loro portandomele a letto.
    Ad ogni modo sono cosí sicuro di me che mi piace credere di essere un figone da paura.
    Sapete cosa hanno in comune queste mie tre passioni? Tutte mi fanno provare un intensa scossa adrenalinica. Mi fanno provare sempre emozioni forte e intense, e io vivo di queste emozioni, mi nutro di ogni singolo momento di forte eccitazione, godendomi la vita al massimo. Amo viaggiare, perché sono alla continua ricerca di nuove esperienze e di nuove persone che mi facciano provare quel brivido che bramo tanto.
    Che cazzo ragazzi, quando sono sul palco o durante una partita o a letto con qualcuna, mi sento tutto un fuoco, mi sento bene, mi sento fottutamente, e dico fottutamente, vivo.
    Per molti la mia vita di eccessi, può risultare sregolata e prima di principi morali ed etici, ma per me non é cosí. La mia vita é pazzesca e segue una morale eccome. Diavolo abbiamo una sola vita su questa terra. Preferisco viverla al massimo, con i suoi eccessi e lussi, provando tutte quelle esperienze che ti lasciano un segno indelebile nell'anima.
    Che senso ha condurre una vita semplice, che non ti fa sentire vivo? Io voglio sentirmi vivo, la velocità, l'azzardo, la trasgressione, l'arrendersi totalmente al proprio cuore e al proprio istinto; ecco, quello si che é vivere. Vivendo in questo modo, sarai sicuro che quando giungerà il momento di morire, non avrai rimpianti, accogliendo la morte con un sorriso.


    Ora che ho sparato queste quattro cazzate. Scherzo, scherzo. *scoppia a ridere*
    Volete che vi parli del mio aspetto fisico? Come posso essere piú esplicito del dirvi che sono figo?
    Facendo il serio, non saprei descrivermi, dovreste chiedere a qualcuno che mi vede da fuori.
    Ci sono, facciamo così, vi leggo un messaggio che mi ha inviato una ragazza, Jennifer, - chi cazzo é sta Jennifer poi? - dove spiega bene come sono fatto. *prende il telefono dalla tasca e si schiarisce la voce*
    Posso andare? Perfetto.
    "Anthony, l'altra sera sono stata benissimo con te. Tu mi piaci troppo, mi fai sentire un fuoco, soprattutto quando l'ho preso..." Forse é meglio saltar questa parte. *fa un sorrisetto tirato*
    Bla bla bla, ecco, ci siamo!
    "Non riesco a non pensarti. Quei tuoi occhi celesti e taglienti come il ghiaccio, mi hanno ipnotizzata. Quei tuoi lineamenti delicati e il piccolo nasino leggermente all'insù, mi hanno incantata. Le tue labbra carnose mi chiedono solamente una cosa: di essere baciate. La tua barba curata mi fa eccitare e i ricci capelli castani chiedono soltanto di essere scompigliati dalle mie mani bramose. Le tue spalle larghe e quel corpo magro e muscoloso da giocatore di Quidditch, mi mandano completamente fuori di testa. Se solo ci penso, mi eccito. Voglio rivederti mio amore! Voglio amarti e voglio essere sco..." Emm, va bene cosí vero, oppure devo continuare? Se volete continuo eh, non ci sono problemi per me.
    Bene, se volete posso dirvi come mi piace vestire. Per quello non ho bisogno di un giudizio esterno.
    Allora, odio il vestiario dei maghi, preferisco mille volte quello sportivo dei babbani. Solitamente uso sempre jeans, a volte con qualche strappo qua e la e in estate per lo piú bermuda. Mi piacciono le camice e anche le magliette abbastanza larghe e scollate che ricadono sulle spalle. Esco pazzo per i giubbotti di pelle. Ne avrò un centinaio, per lo piú dei soliti colori, nero e marrone, ma adatti per ogni stagione. Un'altra cosa che mi fa uscire pazzo sono gli stivaletti. Ne ho moltissimi di pelle di vario colore. Nero, marrone, verde scuro, bordeaux ecc... Non ho voglia di dirveli tutti, sono troppi e neanche me li ricordo tutti. So solo che anche di questi, ne ho diversi paia per le varie stagioni dell'anno. Amo accessori come collane lunghe, anelli e bracciali di ogni tipo e misura. L'unica cosa che non mi piace sono gli orecchini, che difatti non ho.
    Che dirvi piú, ah sì, ho una piccola cicatrice sul sopracciglio destro, che mi sono procurato durante una partita di Quidditch e sulla parte interna dell'avambraccio destro, ho un segno arabo che significa "Passioni," disposto in verticale (المشPasso.

    La mia storia, eh? Vediamo, da dove parto, vi racconto la mia adrenalinica vita.
    Passo la maggior parte del mio tempo ad allenarmi e a girare il mondo durante le trasferte. Quando non sono occupato dallo sport, o vado a qualche super lussuosa festa da ricconi con Allen e Dean; o mi ritrovo a casa mia con qualche ragazza diversa o con piú ragazze senza ricordarmi come ci sono finito con tutte quelle in casa; o sono io che mi sveglio in qualche parte sperduta del mondo, in un letto sconosciuto, all'interno di una casa mai vista e di fianco a qualche ragazza, da cui ogni santa volta scappò senza farmi vedere. Come dico sempre a Dean: "scrollatele il prima possibile di dosso. Se ti vedi con la stessa piú di una volta, ti troverai improvvisamente con un anello al dito e con il portafogli vuoto". (Anche se é impossibile che rimanga al verde, ma sono dettagli) Altre volte prendo la mia Ferrari Cabriolet nera a due posti e sfreccio sulle strade di Los Angeles con la musica ad alto volume. Altre volte mi ritrovo a fare live per poi risvegliarmi sul pavimento di qualche casa di ricconi, insieme a Allen e Dean. Ah sí, vivo a Los Angeles, o forse é meglio se dico ho la casa lì. Anzi ho villa lí.
    I miei genitori vivono nella loro lussuosa residenza a Newport Beach. Si godono i soldi che mio padre ha saputo farsi nella vita e vivono in pace senza i loro figli tra i piedi. Sí, non sono foglio unico. Ho una sorella piú grande di due anni, che vive a Londra e da brava babbana é diventata una stilista molto famosa. Ah, mi sono scordato di dirvi: la mia é una famiglia completamente babbana, io sono l'unico ad avere poteri magici e questo evidenzia quanto io sia figo.
    Quando ero piccolo ho frequentato le scuole babbane, ma mi sono sempre sentito fuori posto. Tutti mi sfruttavano solo perché provenivo da una famiglia ricca. Non gli ho mai dato troppa importanza, anzi mi facevo per lo piú gli affari miei. Poi ad undici anni mi é arrivata la lettera dalla scuola di magia americana. Da li le cose sono cambiate. La gente non mi vedeva come il figlio ricco dei Turner, anzi nessuno neanche sapeva chi fossi. Qui conobbi Allen e Dean. Da allora divenimmo inseparabili. Io in breve tempo divenni famoso per le mie abilità nello sport. Al secondo anno, venni nominato titolare nella squadra di Quidditch. La mia carriera da famoso e promettente giocatore iniziò proprio lí.
    Alla fine degli studi venni contattato da diverse squadre. Oggi gioco nei Finchbury Finchies come cercatore e sono stato anche convocato nella nazionale U.S.A.
    Non saprei che altro dirvi. É stato un piacere conoscervi, sono sicuro che non vi dimenticherete facilmente di me.
  4. .
    sgg
  5. .
    8853593Johnny_pugno_1
    2904918Johnny_pugno_2
    Ragnar Crossnight

    Studente - Grifondoro - 11 Anni
    L’estate era ormai iniziata da un pezzo. I giorni si erano accavallati inesorabili, lasciando Ragnar completamente spaesato e confuso. Ormai non ricordava più quanto tempo fosse passato dalla fine della scuola; giorni, settimane mesi o forse anni. Delle volte si ritrovava a pensare che tutto quello che aveva vissuto, la magia, Hogwarts e gli amici, non fossero altro che un sogno. Che fosse semplicemente uscito pazzo immaginandosi ogni cosa. Ed era proprio in quei momenti che le sue mani andavano alla ricerca spasmodica della bacchetta, stringendosi a pugno intorno ad essa. Quel bastoncino di legno nero, era la prova tangibile e immediata della sua sanità mentale. Attraverso lei, riusciva per un attimo a sentirsi a casa, ad Hogwarts.
    Da quando aveva rimesso piede in quel sudicio e lercio posto in cui era cresciuto, la monotonia era ritornata sovrana a riempire le sue giornate. L’orfanotrofio non era cambiato più di tanto da come l’aveva lasciato. Adele, la direttrice, era sempre la stessa, forse con qualche ruga in più a riempire il suo pallido volto, ma lo sguardo era sempre quello: freddo e distaccato, glaciale e affilato. Era lo sguardo che aveva imparato ad ignorare, lo stesso sguardo che l’aveva accolto la prima volta che il portone in legno di quel luogo si era spalancato davanti a lui. La robaccia che chiamavano cibo, a Ragnar era sembrata peggio di quanto ricordasse. Evidentemente la strepitosa cucina degli elfi aveva viziato il suo palato al tal punto che la mensa dell’orfanotrofio in confronto sembrava spazzatura.
    Aveva notato dei visi nuovi. Non era ben sicuro se fossero nuovi arrivati o semplicemente ragazzini che erano cresciuti o che non aveva mai calcolato più di tanto.
    I primi giorni successivi al suo ritorno, passarono come al solito. Se ne stava chiuso nella sua stanza ad ascoltare musica, a leggere oppure a messaggiare con qualche suo compagno di Hogwarts. Sì, si era comprato un telefono, uno di quelli all’ultimo grido, così tecnologico che se chiedevi un caffè te lo preparava in quattro e quattr’otto. Molte volte si rifugiava nel suo angolino personale, ovvero le fronde del grande salice che si trovava nel cortile. Nel rivederlo dopo quasi un anno, gli sembrò che fosse cresciuto ancora.
    Poi, quella solitaria e monotona routine, venne interrotto da un evento che non si sarebbe mai aspettato. In sette anni che aveva vissuto in quel luogo, non gli era mai capitato di vivere niente del genere.
    Era comparso un ragazzino, che lui non aveva mai visto prima. Era più grande del grifondoro di due anni e tutti lo chiamavano Bigpig, molto probabilmente per l’enorme naso da maiale che si trovava stampato sulla faccia e alla risata che assomigliava molto al grugnito di un enorme maiale. Ovviamente veniva chiamato con quel nomignolo solamente in sua assenza. Nessuno era abbastanza coraggioso da digli in faccia che era più simile ad un grasso maiale rosa che non ad una persona.
    Bigpig aveva iniziato a diffondere il panico tra i più piccoli. Tutti erano spaventati da lui per i suoi modi bruschi e da bullo. Dicevano che era un tipo abbastanza solitario, ma che ogni occasione la sfruttava per prendersela con qualcuno e picchiarlo.
    Dal canto suo, Ragnar non l’aveva mai visto in azione e tutto ciò che sapeva, l’aveva udito dai discorsi fatti dai ragazzini per i corridoi. Le poche volte che l’aveva incrociato erano state a mensa e di sfuggita in cortile. Non che gli interessasse più di tanto. Al contrario della maggior parte delle persone, la presenza del giovane gli era del tutto indifferente, non gli faceva né caldo né freddo. Beh, questo prima di quel giorno.
    Era appollaiato sul suo amato albero, intento a leggere un libro molto bello. Mancavano davvero pochissime pagine e la curiosità di sapere come sarebbe andato a finire lo tenevano incollato a quelle sottili lettere nere. Però, oltre alla sua voglia di andare avanti, c’era qualcos’altro che stava crescendo sempre più d’intensità, ed era la voce minacciosa di un ragazzo che cozzava con quella sottile e impaurita di un altro. Chiuse il libro stizzito e riponendolo nella borsa a tracolla, scese dall’albero per capire cosa stava succedendo.
    Bigpig aveva trovato un’altra vittima. Un ragazzino la metà di lui e molto probabilmente anche più piccolo di diversi anni. Se la stava prendendo con lui per qualcosa che il grifondoro non riusciva a capire, ma la motivazione non gli interessava. Si sentiva il sangue ribollire nelle vene. Non solo aveva interrotto la sua lettura, ma come solo i codardi sanno fare, stava attaccando briga con un bambino impaurito e indifeso. La goccia che fecce traboccare il vaso, fu quando il bambino perse l’equilibrio in seguito ad una spinta di faccia di maiale. Serrò i pugni e lanciando la tracolla a terra, si avvicinò di qualche metro nella sua direzione.
    «Ehi, Bigpig!» gridò. «Sì, dico proprio a te!» aggiunse in risposta alla faccia interrogativa del ragazzino. «Non dirmi che ti sei scordato anche il tuo vero nome ora?» lo canzonò con il chiaro scopo di farlo infuriare.
    «Invece di prendertela con i più deboli, prenditela con me!»
    Cercò di attirare la sua attenzione. Quando vide di esserci riuscito, si rivolse al ragazzino a terra.
    «Presto, vai via di qui!»
    Senza farselo ripetere due volte, come un grillo il bambino saltò all’impiedi, lasciando il cortile a tutta velocità.
    «Ehi tu, dove credi di andare» gli gridò dietro Bigpig.
    «Senti, ho sentito parlare di te. Tutti i ragazzini parlano di te. Non ho ben capito perché ti comporti così e con quale coraggio te la prendi con i più piccoli e deboli, ma falla finita. Ora se non ti dispiace, c’è un libro che aspetta di essere finito» disse raccogliendo la tracolla da terra.
    Diede le spalle al bulletto e con tranquillità fece per lasciare il cortile, dritto nella sua stanza. Non aveva voglia di litigare e soprattutto non ne valeva la pena con un tipo come quello.
    Poi, fu una frazione di secondo. Si ritrovò a rotolare sul pavimento avvinghiato al ciccione, che aveva effettuato una sorta di placcaggio ai suoi danni. Ora era con le spalle a terra e Bigpig sopra di lui. Gli arrivò un pugno in faccia. ”Ferro” pensò, quando il sapore di sangue riempì la sua bocca. Reagì istintivamente, più per autodifesa che per fare del male. Diede una capocciata sul naso del ragazzo e sfruttando il momento di esitazione, prese l’iniziativa. Ora era lui che aveva messo spalle a terrà il bullo. Iniziò a sferrare una serie di pugni, preso dalla rabbia e dalla foga. Ogni volta che la sua mano incontrava la faccia del ragazzino, sentiva un peso in meno che lasciava il suo corpo. Non sapeva più perché stava agendo. Non era più solo per fargliela pagare, ma era qualcosa di più profondo. Come se stesse sfogando tutti i suoi problemi e le sue paure su di lui, senza riuscirsi più a controllare. Poi una presa forte gli bloccò le braccia, tirandolo su. Gridò in preda alla rabia. Il ragazzino aveva la faccia ricoperta di sangue; le nocche di Ragnar erano ricoperte di sangue, il sangue di Bigpig e non il suo.
    Il susseguirsi degli eventi fu concitato e confuso. Si ritrovò nello studio di Adele, la direttrice. Non poteva sopportare il suo sguardo. Non riusciva a sostenere il modo in cui lo guardava. Sempre con quell’espressione severe e distante, velata da un misto di pietà per la sua situazione. Non l’aveva mai sopportata e mai l’avrebbe fatto.
    Ovviamente non lo sgridò, si limitò a guardarlo in silenzio, come faceva sempre e poi semplicemente lo congedò con un gesto. La odiava. Quel suo modo di fare lo faceva infuriare. In sette anni, non gli aveva mai rivolto più di due parole di seguito, non l’aveva mai sgridato come faceva con gli altri ragazzini, tutto questo perché aveva pietà di lui, solo perché aveva pietà di quello stupido e sfortunato ragazzino senza genitori.
    Aveva saputo da Beth, che il giorno dopo ci sarebbe stato un campo estivo in Danimarca. Mentre saliva le scale, diretto nella sua stanza, il suo cervello aveva già elaborato ogni cosa.
    Buttò la valigia sul letto e acciuffando quelle poche cose che aveva, la riempì. Durante la notte sarebbe partito. Avrebbe lasciato l’orfanotrofio di nascosto e con il nottetempo sarebbe arrivato al porto, dove si sarebbe dovuto incontrare con Ray e Leo.

    Poi l’ora giunse. Incrociò la sagoma del suo viso riflessa nello specchio. Un livido gli era comparso sulla guancia, poco sotto l’occhio, dove il pungo del grassone l’avevo colpito. Scuotendo la testa si vestì, controllò che la bacchetta fosse riposta nella tasca posteriore dei suoi bermuda e con un capello in testa e la borsa in spalla, sgattaiolò fuori dalla finestra, giù per un tettuccio, sul marciapiede. Ragnar aveva sviluppato una certa abilità nell’arrampicarsi. Questo grazie alla pratica che ogni giorno faceva per nascondersi tra le fronde dei grandi alberi che incontrava sul suo cammino.
    Avanzò verso la strada e dopo aver lanciato un ultimo sguardo alle sue spalle, in direzione dell’orfanotrofio, puntò la bacchetta in avanti. La rinfoderò, nel momento in cui il rumore di ruote che si bloccano sull’asfalto colpì il suo udito e un pullman color melanzana entrò nel suo campo visivo. Salì con lo zaino in spalla e riferita la destinazione, prese posto come al solito di fianco al finestrino. Puntò lo sguardo fuori l’abitacolo e si lasciò incantare dai paesaggi e dalle città che comparivano e svanivano alla velocità della luce.
    Si sarebbe dovuto incontrare con i suoi compagni intorno alle dieci. Aveva lasciato l’orfanotrofio poco prima del sorgere del sole. Molto probabilmente, sarebbe arrivato al porto con un oretta di anticipo, ma poco importava. La consa essenziale era di aver finalmente lasciato quel tugurio, non ci avrebbe più rimesso piede, almeno non quell’estate.

    «Grazie Ernie, alla prossima!» salutò una volta arrivato a destinazione.
    Il caldo sole estivo splendeva nel cielo. I gabbiani volavano allegri intorno al porto, buttandosi ogni tanto in direzione del mare per poi ritornare in cielo con una nuova preda a portata di zampa. L’asfalto che tappezzava il luogo, era diventato incandescente sotto i caldi raggi. Fortunatamente il cappello che si era messo in testa evitava che si prendesse un insolazione. La camicia di lino bianca lo teneva abbastanza fresco e i bermuda lo facevano respirare.
    Si palpò leggermente il livido che aveva sullo zigomo destro. ”Ahia!” sussurrò. ”Che diavolo, quel maledetto maiale!”
    Guardò l’ora. ”Nove meno venti.”
    Mancava più di un’ora all’arrivo dei compagni. Si guardò intorno alla ricerca di un posticino all’ombra dove potersi sdraiare un po’. Non aveva chiuso occhio quella notte, troppo concentrato ad organizzarsi per scappare dall’orfanotrofio e troppo arrabbiato ed inquieto per prendere sonno.
    Poi lo vide, il posto ideale. C’era una casupola, molto probabilmente una piccola rimessa per le barche, dietro di esse, vi era un posticino appartato quanto bastava e riparato dall’ombra dello stesso edificio.
    Si sedette, appoggiando la schiena alla struttura in legno bianco. Fu proprio in quella posizione, con la testa abbassata e il cappello a coprirgli il viso, che si addormentò.
    “Drinn-Drinn” il cellulare suonava nella sua tasca.
    Fu proprio quel suono a destarlo leggermente dal profondo sonno in cui era caduto.
    ”Ma che…” pensò.
    Si alzò leggermente il cappello dal viso, quando i suoi occhi videro le gambe di qualcuno che stava fermo di fianco a lui. Seguì la sagoma con lo sguardo, fin su alla faccia. «Leo?!» gridò stupito.
    «Cavolo ma sei proprio tu! Aiutami ad alzarmi» disse tendendogli una mano.
    Era ancora visibilmente assonnato e gli occhi non erano del tutto vispi e arzilli, al contrario erano ridotti a due fessure. Gli passò un braccio intorno alle spalle, con un sorriso a trentadue denti che gli disegnava il viso.
    «Mio dio, ma quanto sei cresciuto?» constatò accigliato mettendosi di fronte a lui, per squadrarlo meglio. «Ad ogni modo, come stai? Hai passato bene questo mese di luglio?» chiese raccogliendo lo borsa da terra, per poi incamminarsi verso il punto d’incontro.
    «Questo dici?» indicando il livido che aveva in faccia. «Niente di che, una piccola lite, ma dovresti vedere l’altro com’era ridotto!» disse gagliardo.
    Erano fermi ad ammirare le creature che trainavano le navette e di tanto in tanto si lasciavano andare a commenti stupiti su quanti sodi quei principi avessero dovuto avere per organizzare una cosa del genere.
    Poi la sua attenzione venne attirata da una voce che li chiamava. ”Ray!” pensò subito.
    Si girò nella sua direzione, con un sorriso sul volto. Solo ora si rendeva conto di quanto gli erano mancati i suoi amici. Forse troppo occupato a sopravvivere all’orfanotrofio, non aveva avuto tempo di soffermarsi su quello che veramente provava. Ma ora, che li vedeva entrambi li, capiva che avrebbe voluto restare per sempre con loro, a ridere scherzare e divertirsi. C’era moltissima altra gente che da lì a poco avrebbe rivisto e a cui voleva bene.
    Abbracciò Rassell con forza. Poi li guardò entrambi.
    «Incredibile ragazzi, ma che cavolo avete mangiato per crescere così tanto?» disse scoppiando a ridere.
    Erano diventati più alti, e lui che non li vedeva da un po’ di tempo, lo notò subito. Molto probabilmente anche perché passava la maggior parte del suo tempo ad osservare la gente e quindi non gli veniva troppo difficile notare particolari del genere.

    Senza perdere altro tempo, salirono su una navetta e dopo pochi minuti sbarcarono sull’isola. Ad attenderli vi erano i due principi in carne ed ossa, che salutò con un sorriso e un cordiale grazie. Seguendo le indicazioni, arrivarono alla reception. Fu lì che incontrarono Beth, la sua grifondoro preferita. L’abbracciò cordialmente in segno di saluto.
    «Allora come va?» domandò felice. «Oh, scusami un attimo…» fu costretto ad interromperla, per spostare la sua attenzione sulla signorina della reception.
    Gli diede le ultime indicazioni, insieme ad un cellulare. ”Addirittura distribuiscono cellulari gratis a tutti. Oh i soldi…” pensò sarcastico.
    Preso tutto, tornò a rivolgere la sua attenzione alla compagna. «Allora dicevi? Ah, perfetto. Tutti in tenda insieme, forza, andiamo alla tre!» gridò incamminandosi con i compagni.
    Durante il tragitto, verso quella che sarebbe stata la loro nuova residenza per ben quindici giorni, non poté far altro che ammirare quella splendida oasi paradisiaca. Soltanto respirando quell’aria, si poteva capire quanto fosse pulita. L’aria fresca che avvolgeva il luogo era piacevole e rilassante. La vegetazione ere ricca, facendo di quel posto un vero paradiso. Un’altra cosa che notò, fu Naomi Harvey, la grifondoro più grande di lui di due anni e dalla bellezza incantevole. L’aveva più o meno conosciuta al ballo di fine anno e non gli sarebbe dispiaciuto conoscerla meglio durante quel soggiorno estivo.
    «Eccoci qui! La numero 3!» disse fermandosi davanti alla loro tenda. «Forza, vediamo com’è dentro.»



    Edited by °Albus Severus° - 7/7/2015, 20:34
  6. .

    Albus Severus Potter - Dati Personali e informativi
    P49ke
    •Nome: Albus Severus.
    •Cognome: Potter.
    •Soprannome: Alb.
    •Lugo di Nascita: Godric's Hollow.
    •Data di Nascita: 8 Agosto.
    •Età: 11 Anni.
    •Casata:...
    •Stato di Sangue: Purosangue
    •Padre Biologico: Persy Potter.
    •Madre Biologica: Artemide Lee.
    •Tutori:Nonno e Nonna.
    •Miglior Amico: ///
    •Segno Zodiacale: Leone.
    •Colori Preferiti: Arancione, Verde.
    •Sesso: Maschio.
    •Altezza: 1.54 m.
    •Peso: 48 Kg.
    •Capelli: Semi corti,mossi e castani.
    •Occhi: Celesti.
    •Corporatura: Abbastanza piazzato con muscolatura definita ma allungata. Adatta per un corpo alto, magro e scattante come il suo.
    •Conto Bancario N°: ...
    •Soldi: ...
    •Anno Scolastico: 1° anno.
    •Livello: 1
    •Esperienza: 3
    •Punti Vita: 150
    •Punti Magia: 100
    •Lavori e/o ruoli scolastici:: ...

    Profilo Psicologico
    P49ke Albus non è un tipo particolarmente taciturno, al contrario si mette molte volte in mostra e cerca sempre di primeggiare, però non si comporta in modo arrogante. Lui è un grande osservatore, non si lascia scappare niente e sta ad osservare il mondo e gli ambiente che lo circondano, in quanto è un tipo molto curioso, però tale caratteristica molte volte lo fa finire nei guai. Non è un tipo che ascolta molto, ma gli piace fare di testa sua, scappando di qua e di la senza sosta. Ama stare con gli amici, e per loro farebbe qualsiasi cosa, anche trasgredire le regole. Albus è molto portato per la magia e non perde occasione per dimostrare la sua bravura. E' un tipo molto intelligente e quando finisce nei guai riesce sempre in qualche modo ad uscirne illeso. Albus è un tipo molto allegro, vede solo il lato migliore delle persone e prende le cose sempre in modo positivo. Il ragazzo è un tipo molto impaziente e anche super testardo, proprio per questo motivo non ascolta e poi si caccia nei guai.

    •Odia: Veder soffrire gli altri.
    •Obbiettivo: Diventare forte per difendere le persone che ama.
    •Frase Preferita:Dopo la mia storia inizierà la mia leggenda. Sono Albus Severus Potter e proteggerò le persone a me care.

    Annales
    P49ke Albus Severus Potter nasce l'8 Agosto del 2001 da una famiglia di maghi. Visse fino all'età di 8 anni con i suoi genitori, ma nel mese di Dicembre di quel anno, improvvisamente i genitori rimasero uccisi durante una missione da Auror. Albus improvvisamente si trovò catapultato in un altra vita, infatti appena arrivata la comunicazione della scomparsa dei genitori, venne affidato ai nonni, trasferendosi anche di paese. I primi anni soffri molto, ma ormai non si sentiva più solo, aveva imparato a consolarsi con i ricordi dei bei momenti passati con i genitori, e poi a colmare l'assenza c'erano i nonni tipi molto premurosi che volevano un gran bene al loro nipotino. A loro tempo anche i nonni erano stati grandi maghi, e quando scoprirono che Albus aveva doti magiche furono felicissimi. Cosi all'età di 11 anni, appena arrivata la lettera della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, i nonni si affrettarono a iscriverlo. Il giorno della partenza per andare a scuola, fu il giorno più movimentato della sua vita, i nonni super agitati lo portarono da una parte all'altra in cerca del portale per la stazione, in quanto non si ricordavano più l'entrata. I saluti non furono commoventi nessuno pianse, ma si salutarono con un normale bacio dicendo A presto. Ora era finalmente nella scuola dove prima c'erano stati i suoi genitori.

    Taccuinio
    •PRIMO ANNO SCOLASTICO
    •Punti Guadagnati:
    •Punti Persi:
    •Voti Ottenuti in Trasfigurazione:
    •Voti Ottenuti in Incantesimi:
    •Voti Ottenuti in Erbologia:
    •Voti Ottenuti in Pozioni:
    •Voti Ottenuti in Difesa contro le Arti Oscure
    •Voti Ottenuti in Storia della Magia

    •Duelli Vinti: ...
    •Duelli Persi: ...
    •Partite di Quidditch vinte: ...
    •Partite di Quidditch perse: ...
    •Quest: ...

    •INCANTESIMI PRIMO ANNO SCOLASTICO:
    •Incantesimi Extra Scolastici:

    Materiale
    •Bacchetta Magica: ...
    •Libri: ...
    •Indumenti: ...
    •Ingredienti: ...
    •Oggetti Vari: ...
    •Animale: ...


    Codici by Albus


    Edited by °Albus Severus° - 23/6/2014, 19:25
  7. .
    Sgamato di cosa?
  8. .
    Buon giorno ragaaa!

  9. .
    Brava te la cavi!
  10. .
    Salve raga. Io ho appena finito di studiare! In questi giorni non stiamo facendo molto tra una cosa e l'altra saltiamo sempre ore di scuola xD
  11. .
    Posta una tua Gallery cosi valuto e ti faccio sapere ;)
  12. .
    Benvenuta Kira! Piacere di conoscerti sono Antonio!
  13. .
    Sera xD
  14. .
    Invece a me convince molto.
    Mystery dungeon, secondo me è la serie più bella di pokémon peccato non poter giocare a questa in quanto non ho la console 3DS
  15. .
    Benvenuta sofy, io sono Albus ho 17 anni e sono un playboy xD No scherzo. Comunque piacere è benvenutissima.
    PS: Il mio vero nome è Antonio!
1713 replies since 28/3/2009
.